Entrata: Niesmak

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    "Affermativo!" è Yarten a rispondere alla domanda di Niesmak.
    I due gruppi si muovono verso la fonte del rumore: l'armatura pesante di Niesmak incide leggermente sulla sua velocità di spostamento, e il primo gruppo ad arrivare é quello di Yarten. Nonostante sia quest'ultimo a dirigere i movimenti del terzetto, sono gli altri due ad aprire la strada. Dopotutto Yarten é uno spaziale, e un contatto ravvicinato avrebbe per lui delle possibilità di sopravvivenza ancora più basse di quelle dei compagni.
    Yarten e Charlie si dispongono ai due lati della porta, Charlie con il fucile d'Assalto e Yarten con la pistola ottenuta poco prima, e Kilo si lancia dentro per primo, il fucile puntato ad altezza uomo. Gli altri due entrano nell'istante successivo con le armi spianate, divenendo delle figure imprecise nella penombra. Nessuno dice nulla: l'unico suono che si sente é quello dei passi concitati dei membri della squadra mentre perlustrano ogni angolo della stanza.
    Subito dopo tocca all'altro gruppo: Delta entra un istante prima di Niesmak, il fucile pronto a fare fuoco contro qualsiasi minaccia si nasconda là dentro.
    L'ambiente in cui accedono i due ha tutta l'aria di essere stato un monolocale senza molte pretese: un angolo cottura a destra della porta, armadi a sinistra, un tavolino di legno con alcune sedie in fondo. Sulla parete di destra un paio di finestre sbarrate si affacciano sulla strada, mentre a sinistra una porta in laminato plastico nasconde, probabilmente, il bagno.
    Il disordine é totale: le sedie sono rovesciate a terra in punti casuali della stanza, il tavolino spezzato a metà. Il contenuto del frigorifero e degli armadietti della cucina é stato lanciato a terra nei pressi, e mucchi di vestiti qua e là rendono più difficile spostarsi efficacemente. Gli occhi dei due devono ancora adattarsi a dovere alla luminosità inferiore, ma non possono fare a meno di percepire un movimento davanti a loro.
    Qualcosa sta cercando di nascondersi dietro uno dei due pezzi di tavolino, senza molto successo. Niesmak può riconoscere parte di una sagoma umana accucciata dietro di esso, le ginocchia strette tra le braccia, il volto piegato verso il basso. Sta tremando.
    "Fermo! Mani in vista!" tuona Delta, avanzando di un passo, la figura già inquadrata nel mirino del fucile d'assalto.
     
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    La squadra agisce ad un sol uomo, così come la disciplina impone.
    Il primo apre la strada e gli altri seguono subito dopo, facendosi largo negli angusti monolocali con movimenti ben impressi nella memoria muscolare. Sono i tre soldati d'assalto a stare davanti; Niesmak segue i passi di Delta, i movimenti dell'arma in coordinazione con quelli del compagno, per assicurarsi di avere sempre quanta più area sotto controllo. Non che ci sia poi molto da coordinarsi, comunque, dato il minuscolo spazio in cui si infilano.

    Non fosse per le pareti integre, sembrerebbe quasi che nel monolocale sia esplosa una bomba. Ogni cosa è stata scaraventata al centro della stanza, l'arredamento è a pezzi, i mobili svuotati da una furia che ne ha buttato il contenuto a terra. Gli stivali di Niesmak pestano senza troppa premura i vestiti che ingombrano il pavimento, nel tentativo di mantenere la stabilità senza dover abbassare lo sguardo, anche se avanzare gli è difficile.

    L'istante in cui nota qualcosa tra i rimasugli del tavolino, Delta, di fronte a lui, ha già reagito alla minaccia non identificata. Le armi di entrambi si focalizzano sul bersaglio a terra, in quegli istanti di nervosa attesa che obbedisca all'ordine di Delta e si dimostri inoffensivo.
    Da quel poco che riesce a distinguere, nella concitazione e nella penombra, la figura sembra spaventata, ma Niesmak sa bene che non è un motivo per abbassare le difese.
    La massa dei due soldati all'interno della stanzetta la rendono, se possibile, ancora più striminzita.
    Si piazza dando le spalle al muro interno, distante per quanto possibile dalle finestre; l'arma è puntata sul bersaglio rannicchiato, ma i suoi occhi guizzano alla porta in laminato chiusa, per accertarsi che rimanga tale, pronto a rivolgersi a qualsiasi cosa dovesse uscirne fuori all'improvviso.
    - Identificati- soggiunge all'ordine di Delta. Prima di compiere qualsiasi altra azione all'interno della stanza, vuole avere la certezza che chiunque sia quella persona rannicchiata tra i resti del tavolino non abbia qualche arma o detonatore a portata di mano. Ha già sentito troppe storie di civili, soprattutto bambini, mandati incontro ai militari con qualche ordigno nascosto sotto ai vestiti e fatto detonare all'ultimo; un po' di tremarella dietro al tavolo del pranzo non è sufficiente a rassicurarlo.
     
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    La sagoma, tremando con ancora più forza, fa timidamente capolino dal riparo improvvisato, le braccia piegate ad angolo in modo da avere le mani rivolte verso l'alto.
    "W-Wladen K-Koziel" si presenta lo sconosciuto con un filo di voce, gli occhi sbarrati puntati sull'arma di Niesmak. Indossa abiti logori e sporchi di polvere: una camicia a quadri rossi e bianchi su di una maglietta bianca, jeans grigi e scarpe leggere nere. I capelli neri sono scarmigliati e appiccicati al cranio, la barba lunga di qualche giorno.
    "Ho già consegnato ai Ripulitori tutto quello che avevo! Non fatemi del male!" farfuglia mangiandosi le parole, senza osare lasciare la relativa sicurezza della prossimità del tavolo.
    "Un civile?" il tono di Delta é perplesso.
    L'altra squadra, nel frattempo, ha finito il suo controllo dell'altra stanza: i tre irrompono rumorosamente nella stanza rimasta, e Wladen si trova, sempre più atterrito, a fissare la bocca di fuoco di ben cinque armi puntate contro di lui. Il suo colore é sempre più pallido, il tremore più pronunciato.
    "Che succede?" domanda Yarten, fissando Koziel "E' uno dei loro o un civile?"
     
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    Davanti a loro emerge quel che sembra un disperato sopravvissuto. Capelli luridi, aspetto disfatto, lo sguardo colmo di apprensione: pare che non sia per nulla abituato a vedersi un'arma puntata addosso, e lo dimostra in tutta la sua figura tremante.
    Wladen Koziel. Il nome lo rimanda a sonorità del suo pianeta d'origine, ma è un dettaglio ininfluente al momento.
    Niesmak non abbassa l'arma, ma non fa neanche nulla per rendersi intimidatorio; non sa cosa rispondere alla perplessità di Delta, perché condivide il suo stesso dubbio. Non gli va a genio l'idea di tenere un cittadino inoffensivo sotto la minaccia delle armi, ma d'altro canto, non ha comunque le prove che sia inoffensivo: preferisce essere vivo, piuttosto che crepare come un coglione di buon cuore. Solo l'arrivo di Yarten, Charlie e Kilo qualche istante dopo sblocca il sottile stallo che è sceso.
    - Un civile. Così dice di essere- risponde a Yarten, e di riflesso, anche a Delta -certo, a parole pure io posso essere la prima ballerina del Narod'wy.
    Lo scruta torvo, gli occhi pallidi che risaltano ancora di più tra il lercio e il sangue che gli insozzano la poca pelle visibile.
    - E' meglio che non restiamo tutti qui. Due possono controllare l'ingresso.
    Restare in cinque pigiati sotto lo stesso tetto è come chiedere che una detonazione faccia crollare a tutti quanti il palazzo in testa, o che qualcuno blocchi entrambe le uscite per fargli fare la fine dei topi; anche se l'uomo si fosse rivelato una minaccia, sarebbero comunque restati in tre a gestirselo.
    Si guarda attorno, alla ricerca di dettagli che possano confermare la versione del bersaglio. Dubita che i Ripulitori possano aver razziato vestiti, e fin qui la storia collima; probabilmente gli hanno messo a soqquadro l'appartamento per accaparrarsi quel poco di prezioso che possedeva, distruggendo le mensole della cucina alla ricerca di alcolici pesanti. Con la rassicurazione di avere gli altri commilitoni a tenere il bersaglio sottotiro, Niesmak si attenta a distogliere lo sguardo per cercare nel caos sottostante tracce di una divisa che l'uomo può essersi tolto in fretta e furia.
    - Siamo l'Esercito Solare, Wladen- muove qualche passo nell'atmosfera tesa della stanzetta; può sembrare noncurante nel calpestare i mucchi di roba a terra, ma tutti i suoi sensi sono tesi nel percepire qualcosa di insolito attorno a lui o sotto ai suoi piedi -l'unica risposta corretta è quella sincera- si prende tutto il tempo per scandire le parole -e se sarai sincero e collaborativo, non avremo ragioni di farti del male. Ora. Sei armato?
    Appena lo domanda si ferma di nuovo, ad un passo dalla porta in laminato. Osserva di nuovo l'uomo negli occhi, cercando nel suo sguardo agitato un barlume che ne possa tradire le intenzioni, poi accenna alla porta chiusa.
    -C'è qualcun altro qui con te?


    Chiederei una prova di Percezione sul signor Wladen :*o*:
     
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    Test sociale - Percezione



    Link regolamento test sociali: [link]

    Calcolo del punteggio da ottenere nella prova in corso...
    Livello tratto Percezione: 4
    Bonus narrazione: 5
    Totale: 9

    Lancia 2D6: per superare la prova occorre che la loro somma faccia un valore minore o uguale a 9.
     
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    Edit: il cell è civile e mi auto-censura una gif di Mosconi :"
    Prova percezione: 11
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      27/1/2024, 01:33
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    Prova di Percezione... fallita!

    La semioscurità, la concitazione nei movimenti e nelle parole, la tensione. Tutti fattori che concorrono nell'offuscare la percezione di Niesmak, rendendogli impossibile "leggere" il tipo che si trova davanti, Wladen Koziel.
    Mente? E' sincero?
    Difficile da dire, adesso.
    Delta, Charlie e Kilo si ritirano silenziosamente dalla stanza, lasciando dentro solo Niesmak e Yarten a tenere sotto tiro Wladen.
    Dal canto suo, Wladen rimane ben fermo dov'è.
    I dettagli dell'ambiente circostante si imprimono adesso con più chiarezza sulla retina dell'Utrachlen. Gli abiti sparsi qua e là sembrano quelli tipici dei civili: biancheria maschile e femminile in colori pallidi, pantaloni di vario tipo, camice, un completo elegante blu da uomo, alcune cravatte di colori sobri. Nulla che faccia pensare alla divisa di una qualche organizzazione militare o paramilitare.
    "L'Esercito Solare?" domanda Wladen sbigottito. Per un istante la sua testa si alza di scatto verso l'altro, si arresta per un attimo e poi torna giù, come se la notizia gli avesse fatto dimenticare per un secondo di essere sotto tiro.
    "L'Esercito Solare!" il tono adesso é euforico, il tremore cessato.
    "Non sono armato. Potete perquisirmi, se volete! Avete già sconfitto i pirati? Ho sentito sparare prima!"
    L'ultima domanda di Niesmak, però, pone bruscamente fine all'entusiasmo di Wladen, che svanisce veloce come é comparso.
    "Sono... solo. Sì, sono solo adesso." sospira tristemente l'uomo.
     
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    Forse era quel nome che gli rievocava i vicoli cementificati di Star System, illuminati a intermittenza dal singhiozzo dei neon a raggi UV; o forse il fatto che, dopotutto, trovare un essere vivente collaborativo in una guerriglia in fondo lo bendisponeva. Insomma, comunque la si guardasse era un lusso avere uno sconosciuto davanti che ti permettesse di tirare un respiro.
    Rivolse un lungo sguardo all'uomo, poi a Yarten.
    Decise che, anche se non aveva prove per fidarsi di Wladen, non aveva neanche prove a sufficienza per non fidarsi. Accantonò per un istante tutto il bagaglio di informazioni implicato nelle sue parole, per passare diretto ad una prova del nove più tangibile. Più temporeggiavano per risolvere la questione, più i rischi per loro aumentavano: era certo che un proiettile avrebbe risolto tutto molto più in fretta, e nessuna corte marziale si sarebbe mai neanche sbattuta per chiedere se fosse partito dalla sua mitraglia o dal Sagitta di Yarten. Avrebbero semplicemente incolpato chi era giunto lì prima di loro, e nessuno si sarebbe fatto domande.
    Quella era la tipica situazione di frontiera dove tutto lo schifo era condonato, perché era concesso ogni crimine per sopravvivere e la colpa andava perduta con la voce dei morti; eppure, in quel vortice di pensieri, Niesmak si trovava nel suo immobile epicentro. Non gli andava davvero di uccidere quell'uomo, gli suggeriva un istinto intriso della stessa gelida umidità di quel cemento che parlava di casa. Sembrava esausto. Sembrava distrutto.
    Si prese un rischio che solo qualche momento prima non avrebbe considerato, sotto l'influenza di un dubbio screziato di empatia.
    - D'accordo. Una questione per volta, Wladen.
    Portò una mano alla porta in laminato, e tentò di aprirla semplicemente usando la maniglia. Avrebbe scoperto se davvero quella stanza fosse stata vuota o no.
     
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    La porta si dischiude senza fare resistenza. Oltre di essa, un piccolo bagno. A malapena due metri per uno.
    I sanitari sono ridotti all'essenziale: un wc in simil-porcellana bianca, un lavandino dello stesso materiale, i cui rubinetti sono decisamente incrostati di calcare. A completare il tutto ci pensano un porta-asciugamani con ancora poggiato un asciugamano rosso e, dalla parte opposta, uno stretto mobiletto bianco con un'anta. Su di esso sono poggiate tre conchiglie metalliche, a distanza regolare tra di loro. La loro forma ricorda quella della capasanta atlantica, probabilmente il bivalve più iconico di tutti.
    La stanza é stata risparmiata dalla furia degli invasori, si direbbe.
    "Sembra a posto." commenta Yarten, sporgendosi leggermente per vedere qualcosa.
    Wladen non azzarda alcuna mossa, e rimane bloccato dove si trova.
    "Va bene." Wladen, intanto, sta cominciando a straparlare "Pensavo di essere finito. Non avete idea del sollievo che ho nel vedervi. Perché se siete qui significa che Hinkon, il caro Hinkon, la mia patria, adesso é libera. Non é così?"
    Yarten si stringe nelle spalle e lancia un'occhiata del tipo 'adesso-cosa-gli-diciamo?' a Niesmak, lasciando a lui la parola.
     
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    - D'accordo, signor Koziel- sospira.
    Si decide infine ad abbassare del tutto l'arma, e la sua posa si rilassa. Yarten può bastare a tenerlo d'occhio, e se quel poveraccio fosse stato davvero il civile angosciato che pareva essere, Niesmak si sarebbe sentito anche un po' merda a fargli le domande tenendolo sotto tiro.
    In un cassetto ben remoto della memoria, accuratamente sepolto e dimenticato, giacciono tutti gli insegnamenti di come comportarsi coi civili: dare del lei, chiedere se siano feriti e abbiano bisogno di cure, e tutta la panoplia di cazzi e mazzi vari che gli hanno propinato in un corso comportamentale, dopo che un plotone di un'altra divisione aveva combinato qualche casino di troppo sotto gli occhi della rete intergalattica. Per Niesmak è già tanto essersi spremuto le meningi con quel "signor Koziel".
    - Due passi avanti, allarga gambe e braccia e resta immobile per una perquisizione- di prassi lo farebbe sdraiare a terra, ma è un trattamento riservato per lo più ai nemici arresi; chi l'avrebbe sentita, poi, la corte marziale, se quel tizio fosse sopravvissuto e avesse trovato il modo di lamentarsi per il trattamento. Se l'uomo avesse seguito l'ordine, Niesmak avrebbe cercato in malo modo tracce di ordigni o armi nascoste sotto ai vestiti.
    Mentre è preso dall'operazione, ricambia l'occhiata di Yarten. Vorrebbe rispondere a Wladen, ma non sa neanche lui come.
    - L'Esercito Solare ha deciso di liberare Hinkon, sì- ripete secondo una sorta di copione imparato a braccio -puoi stare sicuro, Wladen -già abbandonato il "signor Koziel"- che non si fermerà finché l'obiettivo non sarà raggiunto, e l'ordine non sarà ripristinato.
    Si inginocchia per rifilargli delle sbrigative manate lungo le gambe, e continua a parlargli dal basso, senza guardarlo.
    - Tuttavia le operazioni sono in pieno svolgimento. E' ancora una zona ad alto rischio, ma ti assicuro che stiamo facendo tutto il possibile per Hinkon.
    E, soprattutto, non è quello il momento per evacuare i civili. Una bella rogna.
    - Ma se vuoi essere d'aiuto alla tua patria, forse puoi fare anche tu la tua parte. Oltre ai Ripulitori, quanti obiettiv- pirati hai avuto modo di notare, in questo distretto? Hai visto dove possano essere acquartierati?
     
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    Wladen si rivela essere fin troppo collaborativo e assume docilmente la posa richiesta dall'utrachlen. Niesmak lo percepisce distintamente irrigidirsi e sospirare con sconforto al primo tocco, ma poi rimane fermo, i muscoli tesi e lievemente tremanti, e lascia fare al soldato la sua indagine.
    Senza ombra di dubbio, Wladen non é armato.
    Le parole di Niesmak, almeno, contribuiscono a ridurne un po' il tremore.
    "Tutto il possibile..." mormora, pensieroso, gli occhi concentrati su di un punto lontanissimo davanti a se.
    Si, le parole di Niesmak lo hanno colpito.
    "Obiettivi..." lentamente gli occhi si girano verso l'interlocutore, e il civile assume una posa leggermente più naturale, in piedi con le gambe e le braccia diritte, ma la schiena piegata in avanti, come un animale minacciato.
    "Molti. Più avanti, lungo la strada. Almeno una mezza dozzina, se non si sono allontanati per saccheggiare ancora di più. Stavo cercando di non attirare la loro attenzione, e per questo mi sono rintanato qua dentro. Qualcuno di loro aveva delle armature simili alle vostre, però più...rattoppate, ecco. So che non é molto, ma ho pensato soprattutto a darmela a gambe."
    Wladen fa una breve pausa per deglutire e protendersi leggermente verso Niesmak, avvicinando il volto al suo di qualche centimetro.
    "Però posso fare di più, per Hinkon. Portatemi con voi! Datemi un'arma, e ucciderò quei bastardi con piacere. Dovessi beccarmi una pallottola... sarebbe una in meno per voi. Ho finito di nascondermi!"
     
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    Quello con Wladen è un breve scambio di notizie che, apparentemente, lascia l'amarezza ad entrambi.
    Mezza dozzina di pirati con armature funzionali; Niesmak scocca di nuovo un'occhiata a Yarten, per cogliere nell'espressione dello spaziale un segno della sua stessa spossatezza, poi lo sguardo torna a indurirsi nell'imperturbabilità della missione. E' inutile pensare alle difficoltà, si ripete l'utrachlen, conta solo come superarle. Mezza dozzina possono essere affrontabili, con una buona intelligenza di fuoco e la giusta dose di fortuna; c'è solo da sperare che l'uomo abbia avuto un buono spirito d'osservazione anche durante la fuga, e che la mezza dozzina non si riveli in realtà una bella dozzina netta e incazzata.
    - Li hai visti poco fa, quindi? Quanto erano simili le loro divise alle nostre?
    "Rattoppate" comprendeva uno spettro molto ampio, come descrizione. C'era pur sempre la seconda squadra ancora attiva sul campo -forse-, e Niesmak non vuole rischiare di finire in mezzo a del fuoco amico solo per il nervosismo da missione. Ha capito ben presto che in azione, tra fazioni di pari equipaggiamento, non è sempre così scontato capire chi sia chi; soprattutto negli attimi concitati di un fuoco incrociato.
    - Non ti devi giustificare, druh- scrolla le spalle come per liquidare la questione -hai fatto la cosa più furba. Se non sei un soldato, e non vuoi crepare, scappi.
    Niesmak si è arruolato senza un vero motivo, ma a ben pensarci, di mezzi motivi ce ne sono tanti, sparpagliati qui e là. E uno di questi è che a lui non è mai piaciuto scappare; sono i deboli a scappare, gli inermi, quelli che contano sugli altri per difendersi e che sono in balìa di chiunque li minacci. Lui ha deciso che sarebbe stato fra quelli in grado di non crepare solo per colpa di un capriccio altrui.
    Col senno di poi, una bella scelta di merda, l'esercito: eppure l'avrebbe rifatta ancora.
    Ascolta la richiesta di Wladen, e lo guarda a lungo negli occhi. E' una buona cosa che i suoi siano lattiginosi e spenti, così i pensieri non possono trasparire con facilità in superficie. Rilassa la schiena e abbandona il peso dell'arma alla cinghia, portando le mani sui fianchi. Decide di prendersi un attimo di tempo, prima di rispondere davvero alla sua richiesta; è consapevole di non averne molto a disposizione, ma la sorte per il momento sembra favorevole.
    - Koziel- ripete il suo cognome, stavolta arrotolandolo molto di più nel suo accento natìo, e il sentore di casa gli ammorbidisce le rughe d'espressione -di che origini è? Barastyr? Terra?
    Ricordava che i nonni dei suoi bisnonni -o circa- erano coloni provenienti dalla Terra, da un posto chiamato Europa. Non era mai stato sulla Terra, ma abituato com'era alla morfologia urbana di Barastyr, si immaginava "Europa" come un'immensa città industriale come Star System III.
    - Hai detto che hai trovato rifugio qua: quindi questa non è casa tua?

    *Ho utilizzato "Europa", ma vale il nome di qualsiasi coalizione geopolitica ci fosse a quel tempo nella zona slava :'D


    Edited by Myo - 22/2/2024, 08:53
     
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    La domanda di Niesmak interrompe il flusso di pensiero di Koziel, allontanando la sua mente dai propositi di vendetta, almeno per il momento.
    "Dunque... Erano... Diverse, si
    Non ordinate come le vostre, ma una sorta di mosaico di materiali di colori diversi. Sembrava roba di fortuna, assemblata con gli scarti."

    Con la successiva rassicurazione di Niesmak un po' della bellicosità del civile esce come aria da un pallone e l'individuo si affloscia leggermente.
    "È un nome terrestre, credo. Mia madre diceva che non aveva importanza, che tanto la Terra era lontana chissà quanti anni luce e da laggiù non si curavano di noi. Si sbagliava, per fortuna."
    Nel frattempo Yarten si avvicina di un paio di passi. In mano ha la pistola sottratta poco prima ai Ripulitori. Evitando il momento in cui il civile guarda verso di lui, fa un gesto a Niesmak, muovendo leggermente l'arma nella sua direzione, come a chiedere se fosse il caso di concedergliela come da lui richiesto.
    "No, non è casa mia." continua Koziel "Anche se non abito molto lontano da qui. O meglio, abitavo. Credo la mia casa ormai sia compromessa. Questo posto qui per sembrava essere integro e sicuro, così mi sono rifugiato qua dentro. E poi ho visto voi, mentre uscivo per cercare qualcosa da mangiare..."
     
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    Se quello fosse stato un momento più casuale, Niesmak avrebbe cercato da bere. C'era sempre da bere assieme, quando si scopriva che qualcuno discendeva dai tuoi stessi posti di origine -poco importasse che né lui, né Wladen, né i loro avi avessero mai visto la Terra ormai da generazioni. Del resto, un kieliszki di alcol non era roba per cui formalizzarsi troppo, bastava solo una scusa a caso.
    Ma la situazione pressava, malgrado tutto, così Niesmak fu obbligato a tornare al pragmatismo da battaglia; quando Yarten intercettò il suo sguardo, l'utrachlen aggrottò le sopracciglia cineree e raffreddò gli occhi in una ferma negazione. Non che fosse così espressivo, ma a volto coperto non aveva altro modo per esprimersi in maniera non vocale. Sperò che le rughe attorno agli occhi fossero servite a convogliare il messaggio.
    Incrociò le braccia sul petto, e annuì rivolto a Wladen.
    - Questo posto è più protetto e sicuro che là fuori, di certo- convenne con l'uomo -ed è qui che resterai.
    Scrollò le spalle, come a dire che non c'era da indisporsi per quella sua decisione -Ti fa onore che tu abbia voluto cacciare fuori le palle e imbracciare un fucile per la tua patria, druh. E' quell'istinto che divide un uomo da un codardo. Ma un civile in un campo di battaglia è fuori discussione. Alla meglio, ci becca qualche stronzo, viene fuori la notizia e si sparge per tutta la Repubblica Solare che "utilizziamo scudi umani". Alla peggio, crepiamo tutti per cercare di non far crepare te. E probabilmente, tu crepi sia alla meglio che alla peggio.
    Guardò Yarten, dal momento che quella spiegazione con un lessico assolutamente discutibile era anche rivolta a lui. Di certo non avrebbe impedito allo spaziale di fare ciò che avesse voluto con l'arma, ma dal momento che gli aveva chiesto la sua opinione, voleva spiegarsi come meglio poteva.
    Sperò, piuttosto, che il commilitone avesse colto anche le implicazioni non dette. Niesmak non era un luminare dell'oratoria, ma persino lui ci arrivava che "Non sappiamo come reagisca 'sto tizio in battaglia, e se appena vede esplodere una granata va in tilt e parte a sparare a random o entra in panico siamo fottuti" non era una cosa saggia da dire. E poi, per quanto ingenue, le intenzioni del buon Wladen erano più che nobili; okay, si era svegliato un po' tardi, e avrebbe dovuto prendere in considerazione di unirsi all'esercito qualche anno prima... ma meglio tardi che mai. Se mai fosse sopravvissuto, forse avrebbe deciso di imparare a sparare, e sarebbe stata almeno una cosa positiva derivata da quella carneficina.
    Poi si ricordò qualcosa delle nozioni su come dovevano rivolgersi ai civili, e tentò di infiocchettare il discorso in extremis, per non suonare proprio come uno stronzo sentenzioso.
    - Nel senso. Cioè. Per l'Esercito Solare, la protezione dei suoi abitanti è la priorità top- gli parve quasi di sentire le risate registrate in sottofondo, un po' come quando Wladen aveva lodato la premura della Terra per i suoi pianeti satelliti -per cui lascia sbrigare la merda a noi, Wladen, che siamo equipaggiati allo scopo.
    Si battè il pugno sull'armatura, e se ne pentì l'istante dopo, quando le pugnalate gentilmente offerte dal Ripulitore lo ringraziarono del gesto. Per fortuna, il balaclava lo aiutò a dissimulare.
    - Hinkon avrà bisogno di te e dei suoi validi cittadini dopo, quando ci sarà da ricostruire. E anche casa tua avrà bisogno di te.

    Poi si guardò attorno, anche per tagliare il discorso.
    - Dunque cercavi qualcosa da mangiare, hm? Magari c'è rimasto qualcosa, sotto 'sto casino. La cosa migliore sarebbe trovarti un posto sicuro, come un seminterrato o una cantina, e chiudertici con acqua e cibo finché l'operazione dell'Esercito non si sia conclusa.

    Non sono sicura che questo valga come tentativo di Rassicurazione. Nel senso, Wladen prima era bello carico, ma non so se raffreddare un po' la situazione ricada comunque sotto il rassicurare le persone. In caso tiro il dado ^^
     
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    Silenzioso come si é avvicinato, Yarten si allontana di un paio di passi, rimettendo a posto l'arma senza dire una parola. Le parole di Niesmak hanno fatto il loro dovere sul compagno.
    Koziel, intanto, ascolta in silenzio, il capo chino e il resto del corpo eretto, rigido, le braccia dritte e immobili lungo i fianchi.
    Rimane così ancora per un po', anche dopo che Niesmak ha finito di parlare.
    "E' qui che... resterò." ripete con un filo di voce, alzando leggermente il capo, quanto gli basta per poter scrutare appena il volto dell'Utrachlen
    "Lei ha ragione. La mia proposta é stata... inopportuna."
    Le gambe di Wladen cedono lentamente, tremando, finché l'uomo non finisce seduto sul pavimento sudicio e polveroso.
    "Mi sento, allo stesso tempo... impotente, ma anche sollevato. In sintesi, un codardo della peggior specie." Wladen ridacchia in maniera nervosa "Tutto qua."
    Ancora qualche attimo di silenzio, qualche inspirazione rumorosa dal naso, poi un'ultima frase di commiato.
    "Va bene. Cercherò qualcosa sotto questo casino e mi terrò fuori dai guai. Poi cercherò una cantina. Vi ho fatto perdere fin troppo tempo. E... grazie per il vostro servizio. Buona fortuna là fuori."
    L'uomo esibisce una sorta di saluto militare con la mano destra portata alla fronte. Yarten mugugna qualcosa e retrocede fino alla porta, uscendo.

    Direi che visti i dialoghi, il contesto e la situazione del PNG, questo é un auto-pass :*o*:
     
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